Volevo dire una cosa a Barzagli.

martedì, luglio 05, 2016

Amo il gioco del calcio da quando sono piccola.
Potevo contare i miei anni su una mano e già rifiutavo di andare alle feste delle mie amichette perchè dovevo guardare la partita della mia squadra del cuore.
Prendevo la mia sediolina di plastica bianca e la mettevo proprio di fronte al banco frigo del bar di mio nonno, lì era posizionata la televisione.
Aveva uno schermo piccolo e ancora era un piccolo cubotto, aveva l'antenna che andava aggiustata ogni dieci minuti con il cucchiaio di legno.
Sono sempre stata legata al gioco del calcio, amavo il modo in cui le persone si univano per condividere le gioie e i dolori della partita.
Ahimè non ricordo molto dei campionati europei e mondiali, forse ero troppo piccola e concentrata sull'emozioni del tifare con gli altri per fare attenzione ai risultati finali.

Ho sempre tifato Juventus.
Sin da piccola. Uno dei regali che mio nonno mi ha lasciato prima di andarsene, la sua fede nella maglia bianconera, fede che difendo e conservo con le unghie sempre.
Che cos'è, poi, il calcio se non la fede nella maglia?
Ha fatto abbastanza male vedere la serie b, credere nei valori di quel nome e poi vederli retrocessi per qualcosa che non andava fatto. Ma io ero lì, così come tanti altri tifosi e come tanti giocatori che in quella maglia hanno continuato a credere.

Mi ricordo tantissimo l'emozione del 2006.
Mi ricordo che sognai il goal di Materazzi e mi ricordo che nonostante quattordici anni passati a Milano, l'unico campionato che abbiamo vinto lo abbiamo vinto mentre ero tornata in terra natia: la Sicilia. Vedi poi che, sì, il calcio è quello che è, un semplice sport per alcuni e un lavoro per altri ma le emozioni che si porta dietro sono tutta un'altra cosa.

Sai cosa mi ricorderò della Nazionale del 2016?
La sensazione fortissima di speranza che avete regalato ad ogni tifoso dall'altra parte dello schermo, della radio, degli spalti.
Di questa Nazionale ricorderò il combattere anche se tutti ci davano per spacciati, di questa Nazionale mi rimarrà un regalo molto simile a quello che mi ha fatto mio nonno: il credere nella maglia.
E allora va bene così, non importa di rigori sbagliati o di giocatori sbruffoni, importa chi ci ha creduto. E tu, Andrea, eri tra quelli.
Quindi grazie.

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